Può sembrare utopistico andare in pensione con il 100% dello stipendio ma per alcuni lavoratori è possibile.
Il sistema di calcolo dell’assegno pensionistico più svantaggioso è quello contributivo, presto l’unico possibile. La sua struttura comporta un divario importante tra retribuzione e importo della pensione. Come si può colmare?
Tutti sanno che l’importo della pensione non potrà mai eguagliare quello dello stipendio. Bisogna considerare un taglio per ogni tipologia di sistema di calcolo ma quello contributivo amplifica il divario in modo significativo. Considerando che tanti lavoratori percepiscono una retribuzione mensile medio-bassa il timore di ricevere un assegno pensionistico insufficiente per mantenere la qualità di vita già difficilmente raggiunta da lavoratore è comprensibile.
Chi ha pochi anni di contribuzione, poi, difficilmente vivrà un’agiata vita da pensionato vista l’importanza di questo elemento nel sistema di calcolo contributivo. In più ci sono anche i coefficienti di trasformazione ad incidere sull’importo dell’assegno. Prima si va in pensione meno saranno favorevoli e, in generale, dal 2025 saranno meno vantaggiosi essendo stati modificati (in peggio) dal Governo. Insomma, pensare di avere una pensione pari allo stipendio è un’utopia a meno che non si agisca per tempo approfittando della previdenza complementare.
L’unico modo per ridurre al minimo il divario tra stipendio e pensione è investire nella previdenza complementare. Tutti i lavoratori che hanno iniziato a versare contributi dopo il 31 dicembre 1995 dovrebbero concentrarsi su questo sistema valido per colmare il gap. Basta poco per convincersi, uno stipendio compreso tra 1.800 e 2.200 euro netti ha un tasso di sostituzione tra il 70 e il 72%. Percentuale che taglia notevolmente l’importo mensile e che bisogna assolutamente alzare.
I giovani possono riuscirci toccando anche quota 100% se già a 30 anni scelgono la strada del Fondo pensione. La scelta di destinarvi il TFR è sensata, dunque, ma non basta. Potrebbero servire anche versamenti aggiuntivi di importo variabile a seconda dell’età e del profilo di rischio del lavoratore. Ad un 40enne possono bastare 119 euro in più al mese mentre ad un 50enne ne serviranno molti di più per colmare il divario stipendio-pensione (anche 800 euro al mese).
Capiamo che per tante persone è impossibile, ecco perché bisogna iniziare ad adottare questa strategia il prima possibile. Ricordiamo che i contributi sono deducibili fiscalmente con riduzione del peso dell’investimento tra il 23 e il 43% E i lavoratori autonomi? Senza TFR e con contributi previdenziali inferiori rispetto i dipendenti il tasso di sostituzione è compreso tra il 49 e il 64%.
Urge, dunque, corrispondere versamenti aggiuntivi per cercare di avvicinare l’importo della pensione a quello della retribuzione. Agire oggi per salvare il futuro, vale per tutti i lavoratori che devono iniziare a pianificare la rendita futura per non dover vivere con un assegno pensionistico molto basso.
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