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Se ti succede questo ogni giorno, potresti essere più a rischio di Alzheimer

Published by
Simone Nozza

Chi avrebbe mai detto che un gesto così banale, ripetuto ogni giorno, potesse nascondere un rischio tanto serio?

A volte non ci accorgiamo di ciò che accade ogni giorno, proprio sotto ai nostri occhi. Un comportamento ripetuto, una sensazione vaga, una piccola distrazione che si inserisce nella nostra quotidianità senza far rumore. Eppure, dietro a queste abitudini apparentemente innocue, può nascondersi un campanello d’allarme. Un segnale debole, ma costante, che secondo le più recenti ricerche scientifiche potrebbe avere un significato molto più profondo. In un mondo che corre veloce, dove si tende a ignorare ciò che non è urgente, la prevenzione diventa un gesto rivoluzionario.

Se ti succede questo ogni giorno, potresti essere più a rischio di Alzheimer – vegmotors.it

Soprattutto quando si parla di salute cognitiva. Alcuni indizi, se trascurati, possono trasformarsi nel tempo in problemi difficili da affrontare. E spesso il corpo inizia a parlare molto prima che ce ne rendiamo conto. Proprio per questo, è importante fermarsi e osservare con attenzione anche i segnali più sottili.

Segnali banali ma che hanno un legame più forte del previsto con la demenza

Sempre più studi confermano una verità che fino a poco tempo fa era sottovalutata: la perdita dell’udito non è solo un disturbo sensoriale, ma può essere strettamente legata al rischio di demenza, inclusa la forma più diffusa, il morbo di Alzheimer. In particolare, secondo i dati raccolti da un ampio studio della Johns Hopkins University, le persone con ipoacusia (anche lieve) hanno una probabilità significativamente più alta di sviluppare deterioramento cognitivo. Sorprendentemente, il grado di perdita uditiva non modifica sostanzialmente il rischio: sia chi ha un’ipoacusia lieve che chi ne soffre in modo più marcato presenta un’incidenza simile.

Segnali banali ma che hanno un legame più forte del previsto con la demenza – vegmotors.it

Ciò suggerisce che non è solo una questione di quanto si senta poco, ma del fatto che la ridotta stimolazione sonora può limitare la connessione tra le aree cerebrali, compromettendo nel tempo la funzione cognitiva. I ricercatori, monitorando quasi 3.000 persone over 70 per oltre otto anni, hanno evidenziato che il 32% dei casi di demenza era legato a problemi uditivi. A colpire è anche la differenza tra i sessi: le donne sembrano leggermente più vulnerabili. Tutto ciò indica una necessità urgente di riconoscere la salute dell’udito come una priorità nel campo della prevenzione neurologica, suggerendo controlli regolari già a partire dalla mezza età.

Controlli dopo i 40 anni e soluzioni concrete


L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che oltre 466 milioni di persone nel mondo soffrano di ipoacusia, un numero destinato a raddoppiare entro il 2050. Per questo motivo, gli esperti suggeriscono di introdurre screening regolari dell’udito dopo i 40 anni, come parte integrante dei controlli sanitari di routine. Intervenire presto permette di adottare soluzioni efficaci, come l’uso di apparecchi acustici, che possono ridurre significativamente il rischio di demenza.

Ma non basta: secondo la Lancet Commission, bisogna anche limitare l’esposizione ai rumori forti, promuovere l’accesso ai dispositivi medici, e monitorare altri fattori di rischio, come ipertensione e colesterolo alto. Il messaggio è chiaro: la prevenzione passa anche dalle orecchie.

Riconoscere i primi segnali non è solo una questione di benessere acustico, ma una potenziale chiave per proteggere il cervello e la qualità della vita nel tempo. In un mondo che invecchia rapidamente, investire nella salute uditiva significa anche tutelare l’autonomia, la memoria e le relazioni sociali.

Simone Nozza

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