Ecco dove si trova l’acqua più contaminata d’Italia: i rischi per la salute

Negli ultimi tempi, il tema della qualità dell’acqua potabile in Italia è tornato al centro del dibattito, soprattutto per la presenza di sostanze inquinanti che spesso sfuggono ai controlli tradizionali.

Tra queste, spiccano i cosiddetti PFAS, composti chimici utilizzati in numerosi processi industriali e noti per la loro resistenza alla degradazione. Alcuni recenti monitoraggi effettuati su diverse fontanelle pubbliche in varie regioni italiane hanno evidenziato valori di contaminazione significativi, sollevando nuove preoccupazioni.

acque contaminate di un fiume ed un immagine della cartina dell'Italia
Ecco dove si trova l’acqua più contaminata d’Italia: i rischi per la salute – vegmotors.it

La situazione sembra variare da zona a zona, con alcune città che mostrano dati particolarmente critici. Il fenomeno non riguarda solo i punti di erogazione pubblica ma potrebbe riflettersi anche su altre fonti di approvvigionamento idrico. In assenza di una normativa europea specifica per alcune di queste sostanze, cresce la richiesta di interventi più stringenti e di una maggiore trasparenza sui potenziali rischi per la salute.

Nel bicchiere quotidiano: dove l’acqua supera i limiti?

Negli studi di Altroconsumo, quattro fontanelle su quindici hanno superato la soglia di 500 ng/l per PFAS totali: Torino (casa dell’acqua), Torino (piazza Galimberti), Firenze e Paesana.
A Torino, il record negativo arriva dai 920 ng/l della casa dell’acqua, mentre Firenze ha raggiunto gli 880 ng/l in piazza della Repubblica e Paesana 850 ng/l . Ciò suggerisce che impianti e sistemi di refrigerazione possano influenzare la concentrazione finale del contaminante, come osservato tra fontanelle e case dell’acqua nello stesso acquedotto.

Una persona con un bicchiere in mano di acqua sporca
Nel bicchiere quotidiano: dove l’acqua supera i limiti? – vegmotors.it


È rilevante constatare che valori comparabili sono stati trovati anche nelle acque minerali imbottigliate nei medesimi comuni, suggerendo che la contaminazione sia diffusa nell’intero ciclo idrico regionale. Dai rilevamenti emerge che le fonti pubbliche e private attingono a falde contaminati, con PFAS ormai integrati nel sistema idrico.

Salute e normativa: quali rischi e risposte?

Il TFA, appartenente alla famiglia dei PFAS, è considerato un “inquinante eterno” perché non si decompone e persiste nell’ambiente, infiltrandosi in falde e organismi viventi. Diversi studi, tra cui quelli dell’European Environment Agency, hanno collegato l’esposizione cronica ai PFAS a problemi al fegato, tiroide, sistema immunitario, fertilità e alcuni tumori. Anche se il TFA non ha limiti specifici in Italia o in Europa, alcuni parametri di riferimento, come quelli fissati da Altroconsumo (500 ng/l), servono come campanello d’allarme.

Nel nostro Paese, ad oggi, i controlli su PFAS e TFA sono sporadici e non obbligatori, sebbene sia prevista un’evoluzione normativa entro l’anno con l’entrata in vigore di limiti europei potenzialmente insufficienti . Greenpeace ha chiesto l’adozione precoce di soglie più rigorose, analoghe a quelle di Danimarca e Germania, dove le acque pubbliche con concentrazioni simili verrebbero considerate non conformi .
Serve dunque un salto normativo che comprenda il TFA nei limiti per i PFAS, e un potenziamento dei sistemi di monitoraggio e trattamento, prima che l’acqua nei nostri rubinetti diventi fonte di rischi evitabili.

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