Nuove regole sul preavviso di licenziamento: ecco come i lavoratori non hanno più paura di essere licenziati.
Essere licenziati fa ovviamente paura: questo avviene quando il datore di lavoro interrompe il rapporto di lavoro subordinato. Ci sono diverse motivazioni che portano ad un licenziamento che può avvenire per giusta causa, giustificato motivo soggettivo o giustificato motivo oggettivo.

Il licenziamento deve essere comunicato per iscritto e, a seconda della motivazione, può essere richiesto il preavviso e cambiano proprio le regole su quanto attiene questo. Poi, il lavoratore può impugnare il licenziamento entro 60 giorni.
Le nuove regole sul preavviso di licenziamento: cosa cambia
La Cassazione fa chiarezza in merito al licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, stabilendo le varie fasi della procedura e le tempistiche del preavviso. Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo è dovuto a ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro o al suo regolare funzionamento (soppressione del posto di lavoro, sopravvenuta inidoneità fisica o calo della produzione).

In questi casi, il datore di lavoro deve dare il preavviso. Con la nuova sentenza n. 15513 del 10 giugno, la Corte ha inquadrato i diritti del lavoratore nell’ambito della procedura di conciliazione. Gli step da seguire sono questi:
- il datore di lavoro invia una prima comunicazione con la sua intenzione di licenziare il lavoratore per motivi economici (ad esempio per riorganizzazione aziendale)
- inizia l’iter conciliativo vero e proprio
- alla fine del tentativo di conciliazione, il lavoratore riceve la comunicazione definitiva del licenziamento
- il rapporto di lavoro cessa e scatta la risoluzione del rapporto di lavoro.
Quindi il licenziamento è effettivo solo quando il lavoratore viene a conoscenza del suo licenziamento tramite la seconda comunicazione formale, ossia quella del licenziamento vero e proprio. Questo è il termine da considerare per la decorrenza del periodo di preavviso. Se il rapporto di lavoro non è stato interrotto prima della fine del preavviso, quindi, per il lavoratore prosegue la maturazione dei diritti connessi al lavoro stesso.
Quindi, in ogni caso il datore di lavoro deve osservare il periodo di preavviso per recedere dal rapporto di lavoro a tempo indeterminato, nel caso in cui il licenziamento sia intimato sulla base di un giustificato motivo soggettivo o oggettivo ovvero nei casi in cui la mancanza del lavoratore non è così grave da impedire la prosecuzione, nemmeno temporanea, del rapporto di lavoro (quando il licenziamento avviene per motivi economici o, comunque, inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro ed al regolare funzionamento della stessa).
Nel caso in cui il licenziamento sia, invece, determinato da una giusta causa il datore di lavoro non è tenuto a rispettare il periodo di preavviso. In queste circostanze, infatti, la risoluzione del rapporto di lavoro avviene a causa di una mancanza del lavoratore così grave che impedisce la prosecuzione, anche temporanea, del rapporto. Il datore di lavoro può anche recedere senza preavviso ma deve pagare al lavoratore un’indennità di importo pari alla retribuzione che sarebbe spettata al dipendente nel suddetto periodo.