Quando si parla di pensioni le brutte notizie sembrano non avere mai fine: dal prossimo anno milioni di italiani potrebbero ricevere un assegno molto più basso.
Dal 2025 ci saremmo aspettati di più sul fronte delle pensioni, questo è innegabile. Ci saremmo aspettati qualche riforma forse un po’ più incisiva che ci consentisse di lasciarci alle spalle la legge Fornero. Purtroppo le risorse statali non hanno reso possibile questo passo nemmeno quest’anno.

Sarà il 2026 l’anno della svolta? Le intenzioni a Palazzo Chigi ci sono tutte: da mesi il premier Giorgia Meloni e il suo team lavorano a proposte che consentano una maggiore flessibilità in uscita per tutti. Ciò significherebbe uscire dai rigidi schemi imposti dalla Fornero e tornare a mettere al primo posto i contributi versati piuttosto che l’età.
Purtroppo, tuttavia, ogni cosa a questo mondo ha un prezzo e il prezzo di una maggiore flessibilità potrebbe essere quello di accettare assegni previdenziali decurtati. Tra le proposte sul tavolo dell’Esecutivo è tornata quella di estendere a tutti Quota 41 ma solo a patto di fare grandi tagli.
Pensioni più basse: ecco per chi
Dal 2026 molte persone potrebbero vedere il loro assegno previdenziale pesantemente decurtato nonostante 41 anni di duro lavoro e sacrifici. Il prezzo da pagare in nome della flessibilità sembra essere questo. Ci saranno alternative? Al momento non sembra.

Da anni si parla di estendere a tutte le categorie lavorative Quota 41, misura che al momento si rivolge solo a:
- caregiver;
- lavoratori con invalidità pari o superiore al 74%;
- disoccupati:
- addetti al lavori usuranti.
Quota 41 ha l’enorme vantaggio di non avere alcun requisito anagrafico: una volta raggiunti i 41 anni di contributi – di cui almeno uno prima di aver compiuto 19 anni – il soggetto può andare in pensione a qualunque età, anche a 59 anni. Estenderla a tutti significherebbe mettere fortemente in crisi le casse dell’Inps a causa dei massicci flussi in uscita dal mondo del lavoro. Per ogni persona che fruisce di questa scappatoia, infatti, l’Inps deve erogare assegni per molti più anni.
Che fare allora? Sul tavolo delle proposte ha fatto capolino quella di una Quota 41 flessibile. In pratica una sorta di copia di Quota 103: tutti in pensione a 62 anni con 41 anni di contributi. A differenza di Quota 103 non vi sarebbe il ricalcolo contributivo dell’assegno ma una decurtazione del 2% per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 anni.
Pertanto se una persona decidesse di andare in pensione a 62 anni dopo 41 anni di lavoro, si troverebbe con un assegno decurtato del 10%. Taglio che, tuttavia, non verrebbe applicato per coloro con un Isee inferiore a 35.000 euro. Per il momento non vi è nulla di certo, sono solo ipotesi ancora oggetto di valutazione e studio. Se questa proposta passasse Quota 41 verrebbe certamente estesa a tutti ma anche completamente stravolta.