Negli ultimi tempi molte famiglie italiane si sono trovate a dover affrontare richieste di restituzione per i bonus ricevuti, in particolare per il Bonus asilo nido.
Queste comunicazioni, spesso arrivate a distanza di mesi dall’erogazione, hanno creato sorpresa e incertezza tra chi aveva utilizzato questi aiuti con la convinzione di rispettare tutte le regole.

Le somme richieste in restituzione possono essere anche molto elevate, mettendo in difficoltà economica le famiglie coinvolte. Questo ha sollevato un acceso dibattito sull’efficacia e la trasparenza delle procedure adottate dall’INPS.
Le motivazioni dell’INPS e le reazioni delle famiglie
Secondo le comunicazioni ufficiali dell’INPS, le richieste di restituzione del Bonus asilo nido derivano da presunte situazioni di indebita percezione. In pratica, l’ente previdenziale ha individuato casi in cui i beneficiari non avrebbero rispettato in pieno i requisiti previsti dalla normativa.
Le principali cause segnalate riguardano la documentazione incompleta o non conforme, la mancata validazione da parte delle strutture scolastiche, oppure l’iscrizione dei figli presso asili non accreditati o non riconosciuti. Tuttavia, molti genitori coinvolti sostengono di aver presentato tutta la documentazione richiesta e di aver ricevuto il bonus in piena buona fede, senza ricevere contestazioni preventive.

Molte famiglie denunciano di essere state colpite da richieste retroattive per somme elevate, senza possibilità di difesa o chiarimento. Questo ha generato indignazione e confusione, poiché in alcuni casi si parla di restituzioni superiori a 10.000 euro, con un termine di soli 30 giorni per pagare.
Alcuni nuclei familiari si sono visti costretti a contattare avvocati o associazioni dei consumatori per avviare ricorsi o richiedere una sospensione dei pagamenti. Il malcontento è crescente, soprattutto per l’apparente mancanza di trasparenza e di comunicazioni preventive da parte dell’INPS.